martedì 1 febbraio 2011

La colpa non è di Marchionne: è nostra

Interessante come tutti se la siano presa con Marchionne per la sua decisione di portare le fabbriche fuori dall'Italia. La verità è che non abbiamo saputo costruire il futuro del Paese. Ed è naturale: i nostri politici, quelli che prendono le vere decisioni (i segretari di partito), hanno un'età media superiore a 60 anni. Come possono pensare al futuro?


Perchè il più grave errore commesso è un errore di mentalità: non possiamo più pensare di tenere le fabbriche in Italia. Non si torna indietro dalla globalizzazione, dobbiamo competere con gli altri paesi, ed abbiamo due soli modi per farlo: alzare il livello delle nostre menti, oppure ridurre il costo della nostra forza lavoro. La strada che noi stiamo intraprendendo è la seconda, abbassiamo sempre di più gli stipendi, grazie soprattutto alla flessibilità, che rende la condizione dei giovani sempre più sottomessa alle pretese dei datori di lavoro, finchè non si arriva alla cifra minima necessaria alla sopravvivenza degli operai: a quel punto le fabbriche mandano tutti a casa e se ne vanno all'estero, nei paesi in via di sviluppo, dove il lavoro costa ancora meno. Se continuiamo su questa strada, entro 10 anni ci ritroveremo con un tasso di disoccupazione superiore al 50%. Basti pensare che ora è al 37,8% (in un anno è salito dello 0,1%), mentre il tasso di inattività giovanile è salito del 2,4%. L'unico modo per salvarsi, anche se siamo parecchio in ritardo, sta nel seguire la prima strada. Ma bisogna rimodernare il nostro sistema di istruzione, in particolare gli istituti tecnici e le università (ovvero andare nella direzione esattamente opposta a quella della legge Gelmini). Dobbiamo entrare nella logica di idee che il nostro paese non deve usare le braccia ma la testa. Noi progetteremo gli oggetti del futuro, come gli italiani sparsi in tutto il mondo hanno dimostrato di saper fare, e questi oggetti verranno poi costruiti in altri paesi. Dobbiamo anche uscire dalla mentalità di paese come lo intendiamo noi oggi, con la forte impronta nazionalista: dobbiamo capire che siamo tutte persone uguali sullo stesso pianeta, e poco importa se la fabbrica si trova in uno stato o in un altro, se le centrali elettriche si trovano in Italia o nel deserto del Sahara. Usare le teste è l'unica via di salvezza per il nostro paese che, come ricorda spesso Rita Levi Montalcini, non ha eguali nel mondo come quantità e qualità delle menti.

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